In sintesitipologia: parco storico
estensione: 103.000 mq proprietà: comunale da fine anni '60 gestione: comunale creazione: inizi 1800, aperto al pubblico dal 1971 vincoli: legge1089/39 e 1497/39 |
La storiaLa sua sistemazione a giardino fu operata dai conti Capra agli inizi del XIX secolo come arricchimento paesaggistico del loro palazzo in contrà S. Marco da poco ristrutturato: una intima fusione tra attività produttiva, con le caratteristiche e preziose coltivazioni di gelsi, e luogo di diletto, rifugio di pace e serenità, dimora a questo punto permanente del proprietario.
Il parco si incardina su di un lungo viale rettilineo, fiancheggiato da statue, che dal palazzo Capra conduce al tempietto circolare con dodici colonne ioniche, elevato su di una piccola collina artificiale che nasconde una ghiacciaia, circondato da un anello d'acqua, la peschiera. Lo completano grandi prati, una carpinata, gruppi di alberi secolari e un boschetto cresciuto spontaneo sulle macerie dell'ultima guerra mondiale. Nel lato orientale sono ancora presenti, anche se ruderali, le antiche "cedrare". E' delimitato a nord e ad ovest dal fiume Astichello che alimenta la peschiera e nei lati est e sud dalla città con i suoi campanili, le sue cupole e i suoi colli. Divenuto per gran parte proprietà comunale (mq 103.000) alla fine degli anni '60 attraverso un intervento di esproprio per la situazione di grave abbandono in cui versava, nel 1971 fu aperto al pubblico dopo alcuni lavori di straordinaria manutenzione e di restauro dell'apparato scultoreo ad opera del Ministero ai BBCC. Nel 2000 è stato oggetto di un progetto di restauro generale e di un primo stralcio di lavori di recupero e manutenzione straordinaria riguardanti la collina e la peschiera. Lo stato attualeL'alluvione del 2010, la presenza impropria di colonie di animali, la carente manutenzione e sorveglianza, la mancanza di un programma di gestione a breve, medio e lungo termine con destinazione di fondi, hanno riportato il parco ad uno stato di grave degrado, nonostante i continui allarmi di associazioni e cittadini.
Ora è in partenza un piano di recupero delle serre e di manutenzione straordinaria della peschiera. Il Parco Querini è un parco molto amato dai cittadini che lo frequentano giornalmente per jogging e passeggiate. Si collega al Parco dell'Astichello a nord e al verde fluviale del Bacchiglione a sud. |
Il progetto di Civiltà del verde: il recupero delle serre, vincitore del bilancio partecipativo 2016
Il recupero delle Serre del Parco Querini è stato uno degli obiettivo fondamentali dell’associazione Civiltà del Verde.
Dopo un lungo periodo di incubazione, durante il quale l’Associazione ha svolto un paziente lavoro di studio, ricerca e divulgazione sulle Serre del Parco Querini e il loro recupero, e grazie alla generosità dell’Architetto Emilio Alberti, di Vicenza, che ha redatto e offerto gratuitamente il relativo progetto, finalmente la Giunta Comunale ha accolto, nel mese di giugno 2010, la proposta di Civiltà del Verde ed ha adottato il progetto.
Le serre del parco Querini sono costituite da un basamento in mattone con colmo in pietra ed una parte aerea lignea con copertura in laterizio che va ad appoggiarsi alle vecchie mura di cinta dell’ex monastero, lato est. Sono divise in una zona a serra fredda, una zona a serra calda e una terza piccola stanza con nicchia che ospitava probabilmente una palma. Confrontate con le serre dell’Orto Botanico di Padova sembrano la loro versione in misura ridotta. Verso il tempietto sono chiuse, quasi a loro completamento ed arricchimento, da una piccola struttura, il castelletto, con due finestre in stile neogotico a finta bifora, in cotto e pietra, e nel retro da una costruzione, la torretta, con unico vano diviso da un probabile ballatoio, forse adibita all’allevamento del baco da seta e al ricovero delle parti mobili delle serre. Sul davanti, lato sud, è presente una costruzione bassa con copertura a rete, una voliera, ma in passato piccola serra di trapiantazione. All’esterno corre poi, per tutta la lunghezza delle serre, una lettiera in muratura, un tempo coperta da vetri inclinati. Attualmente la loro situazione è ancora ruderale, non è più decollato il piano di recupero previsto negli anni scorsi e la vegetazione e il degrado stanno di nuovo prendendo il sopravvento. E’ ancora presente il tetto della serra fredda, manca completamente la copertura della serra calda, nella quale però è ancora leggibile la “macchina” che faceva riscaldare la serra e i letti caldi. A rischio di crollo è anche il castelletto e il tetto della torretta è in parte crollato. E’ urgente il loro recupero, pena la perdita di un importante documento storico e di una architettura significativa e suggestiva di un parco di inizio Ottocento, unica a Vicenza.
"Forse proprio il fatto che siano andate così fortemente in rovina, costituisce una potenzialità, un valore aggiunto: infatti ci permette di leggere la loro storia molto di più di quanto possiamo leggerla in altre serre, più conservate. Si vede ciò che resta di una orangerie molto interessante, con una parte in legno che costituisce delle pareti di chiusura; accanto si vede forse una trasformazione successiva che ha dato luogo a una parte di edificio organizzata come serra riscaldata, si vedono delle canalette antiche in mattoni, si vede un impianto con tubature in ferro, probabilmente successivo; si vedono delle nicchie dove si metteva o la carbonella o la legna per riscaldare. Si vede, in sostanza, una serie di frammenti, come un’area archeologica dove sono presenti e leggibili –per chi sappia e voglia farlo- tracce di molti interventi realizzati in periodi diversi, per ragioni diverse e con modalità diverse. Si vedono delle vasche alte, forse per un impianto di irrigazione, forse anche per l’umidificazione. Sono importanti anche le lettiere Davanti all’edificio si vedono dei terrazzi costruiti, di cui si possono intuire le funzioni, si vede il semenzaio." (Lionella Scazzosi)
Dopo un lungo periodo di incubazione, durante il quale l’Associazione ha svolto un paziente lavoro di studio, ricerca e divulgazione sulle Serre del Parco Querini e il loro recupero, e grazie alla generosità dell’Architetto Emilio Alberti, di Vicenza, che ha redatto e offerto gratuitamente il relativo progetto, finalmente la Giunta Comunale ha accolto, nel mese di giugno 2010, la proposta di Civiltà del Verde ed ha adottato il progetto.
Le serre del parco Querini sono costituite da un basamento in mattone con colmo in pietra ed una parte aerea lignea con copertura in laterizio che va ad appoggiarsi alle vecchie mura di cinta dell’ex monastero, lato est. Sono divise in una zona a serra fredda, una zona a serra calda e una terza piccola stanza con nicchia che ospitava probabilmente una palma. Confrontate con le serre dell’Orto Botanico di Padova sembrano la loro versione in misura ridotta. Verso il tempietto sono chiuse, quasi a loro completamento ed arricchimento, da una piccola struttura, il castelletto, con due finestre in stile neogotico a finta bifora, in cotto e pietra, e nel retro da una costruzione, la torretta, con unico vano diviso da un probabile ballatoio, forse adibita all’allevamento del baco da seta e al ricovero delle parti mobili delle serre. Sul davanti, lato sud, è presente una costruzione bassa con copertura a rete, una voliera, ma in passato piccola serra di trapiantazione. All’esterno corre poi, per tutta la lunghezza delle serre, una lettiera in muratura, un tempo coperta da vetri inclinati. Attualmente la loro situazione è ancora ruderale, non è più decollato il piano di recupero previsto negli anni scorsi e la vegetazione e il degrado stanno di nuovo prendendo il sopravvento. E’ ancora presente il tetto della serra fredda, manca completamente la copertura della serra calda, nella quale però è ancora leggibile la “macchina” che faceva riscaldare la serra e i letti caldi. A rischio di crollo è anche il castelletto e il tetto della torretta è in parte crollato. E’ urgente il loro recupero, pena la perdita di un importante documento storico e di una architettura significativa e suggestiva di un parco di inizio Ottocento, unica a Vicenza.
"Forse proprio il fatto che siano andate così fortemente in rovina, costituisce una potenzialità, un valore aggiunto: infatti ci permette di leggere la loro storia molto di più di quanto possiamo leggerla in altre serre, più conservate. Si vede ciò che resta di una orangerie molto interessante, con una parte in legno che costituisce delle pareti di chiusura; accanto si vede forse una trasformazione successiva che ha dato luogo a una parte di edificio organizzata come serra riscaldata, si vedono delle canalette antiche in mattoni, si vede un impianto con tubature in ferro, probabilmente successivo; si vedono delle nicchie dove si metteva o la carbonella o la legna per riscaldare. Si vede, in sostanza, una serie di frammenti, come un’area archeologica dove sono presenti e leggibili –per chi sappia e voglia farlo- tracce di molti interventi realizzati in periodi diversi, per ragioni diverse e con modalità diverse. Si vedono delle vasche alte, forse per un impianto di irrigazione, forse anche per l’umidificazione. Sono importanti anche le lettiere Davanti all’edificio si vedono dei terrazzi costruiti, di cui si possono intuire le funzioni, si vede il semenzaio." (Lionella Scazzosi)
La storia delle serre
Le serre del Parco Querini risalgono al secondo decennio del XIX secolo e vengono attribuite a Giuseppe Jappelli che all’epoca lavorava come architetto di giardini e ingegnere idraulico a Padova e a Bassano. Il conte Antonio Capra, proprietario del parco, decise di ampliare l’area agricola acquistando il convento delle clarisse della chiesa dell’Araceli, sconsacrato a seguito della soppressione degli ordini religiosi all’interno della città, che è stato abbattuto nel 1811 e di cui oggi rimangono solo alcuni fabbricati verso piazza Araceli. Al posto del monastero realizzò, come si vede dalla Mappa Napoleonica del 1813, brolo, orto, giardino, e una casa per la custodia degli agrumi (serre).
Le serre hanno sicuramente goduto di un periodo di prestigio visto che nel 1855 Jacopo Cabianca ne descrive la bellezza del giardino delle piante, dei fiori.
Tali costruzioni rientravano nella moda di quel periodo, come attestano i parchi di molte ville del padovano e trevigiano. Il Selva prima e lo Jappelli dopo ce ne hanno offerto vari modelli. Ma il loro uso risaliva ben più addietro nel tempo. Risultavano già un elemento peculiare delle ville venete, proprio per l’ambizione con cui venivano coltivate e poi esposte le varietà di fiori e piante più ricercate, pur rimanendo nello stesso tempo un’ottima fonte di reddito per la produzione di agrumi. Nel Veneto poi avevano un ruolo rilevante nella organizzazione e distribuzione di un giardino, quindi componenti architettoniche e di decoro, oltre che produttive.
Di esse nel 1855 J. Cabianca, storico vicentino, così scriveva: “Molto di terreno occupa entro la città il giardino fu Capra, ora Barbaran. Freschi viali di carpini, estese praterie, un’acqua che allargandosi circonda il piè d’una regolare elevazione di terra coronata da un tempietto, molte statue e ruderi architettonici rendono il luogo ameno e signorile. Il giovine proprietario [Antonio Barbaran Capra] crebbe il numero delle piante e dei fiori, e par che voglia tornare in onore le serre abbandonate”.
Più tardi, verso la fine dell’’800 (1885-1890), quando la proprietà passò alla famiglia Querini, si può osservare, attraverso le mappe e l’iconografia storica, che vi fu una nuova fase di attenzione e di interventi nei confronti delle serre, in corrispondenza ai lavori nel palazzo ad opera dell’arch. Caregaro Negrin. Se il ‘900, in particolare dopo la seconda guerra mondiale, ha visto l’uso delle serre entrare in crisi per la perdita di interesse economico, dovuta alla facilità di reperimento dei prodotti dai paesi del Sud e alla perdita del ruolo di rappresentanza del palazzo, la sorte delle nostre serre può dirsi fortunata, in quanto furono date in uso dai proprietari a ditte di giardinieri-floricoltori che le mantennero in vita. Fu solo con il passaggio a proprietà comunale (1970) e all'abbandono dell’attività dei fioristi che le serre iniziarono la loro fase di grave decadenza. Completamente sommerse da piante cresciute spontanee e rovi, finalmente nel 2002, dopo una campagna di sensibilizzazione, l’Amministrazione Pubblica, appena concluso il primo stralcio di lavori di restauro del parco che ebbero come oggetto la peschiera e la collina, decise di cercare almeno di arrestare il crollo totale delle serre attraverso una attenta pulizia e la messa in sicurezza delle parti ruderali, in attesa del progetto di restauro e riuso.
Le serre hanno sicuramente goduto di un periodo di prestigio visto che nel 1855 Jacopo Cabianca ne descrive la bellezza del giardino delle piante, dei fiori.
Tali costruzioni rientravano nella moda di quel periodo, come attestano i parchi di molte ville del padovano e trevigiano. Il Selva prima e lo Jappelli dopo ce ne hanno offerto vari modelli. Ma il loro uso risaliva ben più addietro nel tempo. Risultavano già un elemento peculiare delle ville venete, proprio per l’ambizione con cui venivano coltivate e poi esposte le varietà di fiori e piante più ricercate, pur rimanendo nello stesso tempo un’ottima fonte di reddito per la produzione di agrumi. Nel Veneto poi avevano un ruolo rilevante nella organizzazione e distribuzione di un giardino, quindi componenti architettoniche e di decoro, oltre che produttive.
Di esse nel 1855 J. Cabianca, storico vicentino, così scriveva: “Molto di terreno occupa entro la città il giardino fu Capra, ora Barbaran. Freschi viali di carpini, estese praterie, un’acqua che allargandosi circonda il piè d’una regolare elevazione di terra coronata da un tempietto, molte statue e ruderi architettonici rendono il luogo ameno e signorile. Il giovine proprietario [Antonio Barbaran Capra] crebbe il numero delle piante e dei fiori, e par che voglia tornare in onore le serre abbandonate”.
Più tardi, verso la fine dell’’800 (1885-1890), quando la proprietà passò alla famiglia Querini, si può osservare, attraverso le mappe e l’iconografia storica, che vi fu una nuova fase di attenzione e di interventi nei confronti delle serre, in corrispondenza ai lavori nel palazzo ad opera dell’arch. Caregaro Negrin. Se il ‘900, in particolare dopo la seconda guerra mondiale, ha visto l’uso delle serre entrare in crisi per la perdita di interesse economico, dovuta alla facilità di reperimento dei prodotti dai paesi del Sud e alla perdita del ruolo di rappresentanza del palazzo, la sorte delle nostre serre può dirsi fortunata, in quanto furono date in uso dai proprietari a ditte di giardinieri-floricoltori che le mantennero in vita. Fu solo con il passaggio a proprietà comunale (1970) e all'abbandono dell’attività dei fioristi che le serre iniziarono la loro fase di grave decadenza. Completamente sommerse da piante cresciute spontanee e rovi, finalmente nel 2002, dopo una campagna di sensibilizzazione, l’Amministrazione Pubblica, appena concluso il primo stralcio di lavori di restauro del parco che ebbero come oggetto la peschiera e la collina, decise di cercare almeno di arrestare il crollo totale delle serre attraverso una attenta pulizia e la messa in sicurezza delle parti ruderali, in attesa del progetto di restauro e riuso.
Progetto del Comune per il restauro delle serre: Bando periferie + bilancio partecipativo 2016
l progetto di restauro e di rifunzionalizzazione delle serre del parco Querini (ex serre Cunico) prevede una spesa di 1 milione e 50 mila euro a cui si vanno ad aggiungere i 150 mila euro del bilancio partecipativo 2016 che verranno investiti, come previsto per la parte relativa al semenzaio. Complessivamente il restauro delle serre costerà quindi 1 milione 200 mila euro.
“La progettazione è stata preceduta da un’analisi di tutte le osservazioni che si sono sviluppate negli anni affiancandole agli approfondimenti storici – ha spiegato l’assessore -. Sono stati eseguiti i rilievi, propedeutici alla progettazione, consistenti in indagini geognositche-geotecniche, archeologiche e diagnostiche per la valutazione dello stato di degrado. Le serre restaurate, mantenendo l’aspetto originario, verranno affiancate da strutture di nuova realizzazione che prevedono l’uso di un linguaggio contemporaneo. Gli spazi nuovi e quelli rinnovati saranno adibiti ad uso didattico e saranno a disposizione delle associazioni per attività sociali, culturali e ricreative. Ci saranno pertanto sale polivalenti, sale per l’accoglienza degli studenti e laboratori nonché spazi dedicati alla ristorazione. Verrà migliorata l’accessibilità da via Rodolfi – prosegue - dove l’ingresso sarà arretrato in modo da consentire l’accesso a parco e alle serre in momenti differenti cosicché queste ultime possano essere autonome e quindi gestite indipendentemente dagli orari di apertura del parco. La porzione centrale dell’edificio è dotata di un corridoio che fa da filtro tra esterno ed interno, dove sono leggibili le suddivisioni. Il progetto fa attenzione anche all’aspetto energetico e garantisce la realizzazione di spazi ariosi che ben inseriscono all’interno del parco valorizzandolo”.
“La progettazione è stata preceduta da un’analisi di tutte le osservazioni che si sono sviluppate negli anni affiancandole agli approfondimenti storici – ha spiegato l’assessore -. Sono stati eseguiti i rilievi, propedeutici alla progettazione, consistenti in indagini geognositche-geotecniche, archeologiche e diagnostiche per la valutazione dello stato di degrado. Le serre restaurate, mantenendo l’aspetto originario, verranno affiancate da strutture di nuova realizzazione che prevedono l’uso di un linguaggio contemporaneo. Gli spazi nuovi e quelli rinnovati saranno adibiti ad uso didattico e saranno a disposizione delle associazioni per attività sociali, culturali e ricreative. Ci saranno pertanto sale polivalenti, sale per l’accoglienza degli studenti e laboratori nonché spazi dedicati alla ristorazione. Verrà migliorata l’accessibilità da via Rodolfi – prosegue - dove l’ingresso sarà arretrato in modo da consentire l’accesso a parco e alle serre in momenti differenti cosicché queste ultime possano essere autonome e quindi gestite indipendentemente dagli orari di apertura del parco. La porzione centrale dell’edificio è dotata di un corridoio che fa da filtro tra esterno ed interno, dove sono leggibili le suddivisioni. Il progetto fa attenzione anche all’aspetto energetico e garantisce la realizzazione di spazi ariosi che ben inseriscono all’interno del parco valorizzandolo”.