In sintesitipologia: verde collinare
altitudine: 119 m.s.l.m. |
La storia L'attuale Monte Crocetta, un tempo chiamato Mons Famulorum (Monticello dei Servi), sorge isolato nella pianura tra il Villaggio del Sole e Maddalene, a breve distanza dal Monte Cucco e dal Monte San Giorgio (Biron) e dalle estreme propaggini orientali dei Monti Lessini.
In nome di Crocetta non deriva, come qualcuno potrebbe pensare da una piccola croce una volta esistente sulla sommità del rilievo collinoso, ma ha origine più remote, verosimilmente da un preesistente monumento o tabernacolo eretto in onore del sacro simbolo della redenzione. Sulla parte sommitale del colle che guarda a ovest, sopra la dolina nota con il nome di Busa di Dal Martello, a partire dal 19 maggio 1540 si insediarono i frati Cappuccini al loro arrivo a Maddalene. Fu il frate Matteo Da Schio, vicario provinciale dell’Ordine, derivazione dei francescani, ad ottenere dal nobile vicentino Girolamo Lonigo, possidente con dimora sul Monticellus Famulorum, l‘appezzamento di terreno sopra citato, per costruirvi un eremo adatto alla loro regola. Di tale eremo ora rimane soltanto la cisterna per la raccolta dell’acqua utilizzata fino a qualche decennio or sono dalla famiglia Dal Martello, proprietaria. Il colle mostra evidenti le tracce lasciate dall’uomo nel corso dei secoli passati: sono numerose, infatti, le dimore signorili dislocate in vari punti della collina: tra queste, degne di essere menzionate, villa Rota Barbieri, villa Chetato, villa Zileri Dal Verme (ora Zaccaria), la casa padronale dei Dal Martello, la ottocentesca villa Panizza, ora Bono (detta villa Teodora) e la seicentesca villa Beregan, (ora Residence Ca' Beregana). In via Falzarego vi è invece un modesto manufatto che ci ricorda tristemente un eccidio, quello di diciassette civili innocenti trucidati il 28 aprile 1948 da militari tedeschi per rappresaglia. Lo stato attualeNelle giornate più limpide dlala sommità del colle è possibile ammirare un panorama che abbraccia la sottostante città di Vicenza, i comuni della cintura urbana, le cime del Carega, del Cornetto, del Pasubio, del Novegno, del Summano, dell’Altopiano di Asiago e del Grappa.
I boschi attualmente esistenti occupano solo piccole porzioni del colle, inframezzati da coltivi (soprattutto prati, vigneti e mais), mentre la pianura circostante è interamente coltivata (mais, soia, vigneto, prato permanente o a rotazione). La specie arborea di più diffusa è la robinia (Robinia pseudoacacia L.) governata a ceduo: è considerata infestante in quanto soppianta agevolmente le specie autoctone più delicate, nonostante tutto essa assicura buone produzioni di legna da ardere e paleria e permette l’esercizio di un’apicoltura di pregio. Essendo la robinia specie “eliofila”, cioè amante della luce, il bosco si prsenta abbastanza rado e anche per questo motivo è abbondantemente presente in esso un intricato sottobosco di rovi, luppolo, pungitopo e vitalba. Le altre specie arboree, presenti con carattere di subalternità rispetto alla robinia, sono la roverella (Quercus pubescens W.), specie un tempo caratterizzante tali formazioni vegetali; l’ornello (Fraxinus ornus L.) ed il carpino nero (Ostrya carpifolia S.); il bagolaro (Celtis australis L.); il carpino bianco (Carpinus betulus L.), presente nelle zone più fresche assieme alla farnia (Quercus robur L.). L’acero campestre (Acer campestre L.) si trova frequentemente nelle zone di margine, tra bosco e campo; esso è tradizionalmente legato alla coltura (“maritata”) della vite; anche l’olmo campestre (Ulmus minor M.) frequenta gli stessi ambienti. Troviamo anche alberi da frutto ed ornamentali inselvatichiti come i ciliegi (Prunus avium L.), il fico (Ficus carica L.) ed i cipressi (Cupressus sempervirens L.). Le specie arbustive ed erbacee sono quelle che comunemente accompagnano i querco-carpineti termofili: tra le prime si ritrovano ad esempio la sanguinella (Corpus sanguinea L.), dai fiori bianchi raccolti in ombrelle; il nocciolo (Corylus avellana L.), il pungitopo (Cuscus aculeatus L.); l’epo- nimo (Evonymus europea L.) detto anche “cappel del prete” per i frutti a quattro legge; il corniolo (Cornus mas L.); il sambuco nero (Sambucus nigra L.) l’edera (Edera helix) e la vitalba (Clematis vitalba L.). |